domenica 13 gennaio 2013

Courbet e l'opera frustata






 Courbet e l'opera frustata.




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Gustave Courbet, Autoritratto; 1849; olio su tela; Musée Fabre


"Io non ho e non posso avere allievi. Siccome io credo che ogni artista debba essere il maestro di se stesso, così non posso pensare a fare il professore. Non posso insegnare la mia arte, né l'arte di una scuola qualsiasi, perché nego l'insegnamento dell'arte, o in altri termini sostengo che l'arte è tutta individuale e che, per ciascun artista, non è altro che il risultato della propria ispirazione e dei propri studi sulla tradizione."




 Con queste parole Gustave Courbet  (1818 - 1877)   polemizza non soltanto la cultura ufficiale dell'impero di Napoleone III, ma anche l'Accademia delle Belle Arti, la quale secondo l'artista,non può far altro che insegnare regole pragmatiche e di conseguenza reprimere la libertà del singolo.

 Il realismo di Courbet è da considerarsi , prima ancora che uno stile artistico, un costume morale, politico e soprattutto umano. Egli rispecchia sia il malcontento sociale, causato dai vari crimini della monarchia assoluto francese, ma ancor più quello artistico, poiché a quei tempi rappresentare il Vero in tutti i suoi aspetti, veniva considerato indecoroso e scandaloso.




Gustave Courbet, Le bagnanti; 1853; olio su tela



Uno di questi esempi è il quadro "Le bagnanti", il quale durante l'esposizione al Salon del 1853, Napoleone III  lo fece prendere a frustate per l'eccesso realismo nel nudo femminile. 
Oggi ci è difficile capire come il pubblico contemporaneo potesse essere colpito negativamente dalle tela, se non riflettendo sul contrasto che esisteva fra l'idealizzazione tradizionale e la rappresentazione senza veli della realtà, che appariva così brutale e volgare. In realtà a  creare tanto scandalo non erano tanto i temi che sceglieva di rappresentare, ma il suo modo di rappresentarli, completamente privi di abbellimenti.
D'altro canto si credeva che le imperfezioni fisiche potessero essere migliorate per mezzo del pennello, quando invece la mera bellezza è racchiusa in quella imperfezione che rende ogni essere umano unico fra tanti.

                                                                                                                N.P.

lunedì 7 gennaio 2013

Maurizio Cattelan // Him (Lui)// 2013


Hitler che prega nel ghetto di Varsavia


L’ultima provocazione di Cattelan.



L'occasione questa volta è "Amen" la personale di scena fino al 24 febbraio 2013 al Castello Ujazdows, sede del Centro per l'Arte Contemporanea di Varsavia; il pretesto è un piccolo Adolf Hitler che prega in ginocchio nel ghetto di Varsavia, dove centinaia di ebrei vennero uccisi durante il nazismo o da cui sono partiti per i campi di concentramento. 



L’opera, intitolata ‘Lui’, è una scultura ed è l’ennesima provocazione di Maurizio Cattelan, artista padovano famoso per le sue opere di rottura: come quando nel 2001 scolpì Papa Giovanni Paolo II colpito da un meteorite.  





Anche questa volta lo sculture è riuscito nel suo intento: la sua opera, infatti, ha attirato diversi visitatori, ma ha anche suscitato la rabbia di alcuni. 
In settimana, il Centro Simon Wiesenthal ha criticato la decisione di porre la statua nell’ex ghetto, definendola “una provocazione insensata che insulta la memoria delle vittime ebree del nazismo”. 

Tuttavia sono molti coloro che hanno espresso apprezzamento, sostenendo che la figura di Hitler in ginocchio abbia un forte impatto emotivo che costringe ad affrontare la natura della malvagità umana. Anche il rabbino capo della Polonia, Michael Schudrich, ha dichiarato che la statua può avere un valore educativo.

Intanto LUI fa scandalo, giocando sulla repressione delle paure collettive e, come i grandi artisti del passato, parla della vita e della morte, della storia, della religione e del sesso, ma lo fa con gli strumenti del presente. E non potrebbe essere altrimenti.